Gianni Rivera (ex calciatore - politico) Roma 20.9.2004
Intervista di Gianfranco Gramola
Un
campione, spesso paragonato a Totti
Gianni
(Giovanni) Rivera, è nato a Valle San Bartolomeo (Alessandria), il
18 agosto del 1943.
Scoperto da Franco Pedroni, ex difensore del Milan
e allenatore dell'Alessandria,
nel 1959
esordì in serie A,
a sedici anni non ancora
compiuti, con la maglia della
formazione piemontese nella partita Alessandria -
Inter,
terminata 1-1. Con il Milan,
in cui militò dal 1960
per 19 stagioni, giocò complessivamente 650 partite, segnando 160 gol, pur non
essendo un attaccante puro, ma un "regista" e vincendo, nel 1973,
la classifica
cannonieri, con diciassette
reti segnate. Con i rossoneri ha vinto tre
titoli
nazionali (1962,
1968,
1968
e 1979),
quattro Coppe
Italia (1967,
1972,
1973
e 1977),
due Coppe
dei Campioni (1963
e 1969)
e due Coppe delle Coppe (1968 e 1973).
Con la Nazionale ha partecipato a quattro edizioni dei mondiali (1962, 1966,
1970 e 1974).
Ritiratosi dall'attività
1968
e 1979), quattro Coppe Italia (1967, 1972, 1973 e 1977),
due Coppe dei Campioni (1963
e 1969)
e due Coppe delle Coppe (1968
e 1973).
Con la Nazionale
ha partecipato a quattro edizioni dei mondiali (1962,
1966, 1970
e 1974).
Ritiratosi dall'attività sportiva
(la sua ultima partita è stata in
serie A Lazio – Milan 1-1 il 13 Maggio 1979), è stato
vicepresidente del Milan fino al 1986,
quando i dissapori con il neo-presidente Silvio Berlusconi determinarono la
risoluzione del rapporto con la società. Dal 1987
è attivo nel campo politico ed è
stato deputato del Parlamento Europeo e dal 2001 è membro
della Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, nonché
consigliere per le politiche sportive del Comune di Roma
(dal luglio 2001).
E’ coniugato con Laura Marconi.
Ha
detto:
- La
finale del 1970 è stata una partita credo irripetibile, emozioni che hanno
lasciato un segno indelebile nella storia dei Mondiali.
-
Nella mentalità dei tifosi, gli allenatori che non vincono sono ricordati come
dei perdenti.
- I
tifosi sono preparati alla delusione. Il sistema Italia, e non parlo solo del
calcio, ci ha abituato a messaggi fortissimi che diventano poi risultati
insufficienti.
-
Nel calcio bisogna ripartire dai giovani. Non servono allenatori, ma educatori.
Bisogna costruire un sistema diverso, dove l’interesse economico non sia più
il padrone assoluto e incontrastato. Servono norme chiare, con sanzioni
adeguate.
Curiosità
- È
stato il primo calciatore italiano a vincere il - È
stato il primo calciatore italiano a vincere il Pallone d'Oro (nel
1969),
premio istituito dalla rivista francese France
Football e attribuito
annualmente al miglior giocatore militante in una squadra iscritta all'Uefa.
-
E’ stato soprannominato Golden boy, il "ragazzo d'oro" del calcio
italiano e nel ruolo di mezz'ala - regista è stato uno dei più apprezzati
giocatori italiani
italiani
italiani
di tutti i tempi.
-
Vanta 60 presenze in Nazionale,
con 14 gol segnati.
-
Il
suo nome è stato fatto fra quelli candidabili alla presidenza della Federazione
Italiana Gioco Calcio dopo le
dimissioni di Franco Carraro, avvenute a causa dello
scandalo scoppiato nel calcio dopo alcune intercettazioni telefoniche.
-
E' Vice Presidente dell'Associazione
Angelicum Mondo X
che fa capo a Padre Eligio, tra le cui finalità c'è il recupero dei
tossicodipendenti.
- Insieme al giornalista Oreste Del Buono, ha pubblicato il
libro "Un tocco in più" (Rizzoli).
Intervista
E’
nel suo ufficio romano
di piazza Campitelli 7.
Come
devo chiamarla signor Gianni Rivera oppure Onorevole?
Dammi
del tu, senza problemi.
Gianni,
com’è il suo rapporto con Roma?
Beh!
Ottimo, dal momento che ho scelto di viverci. Avevo già un buon rapporto prima
di stabilirmi qui, perché ci venivo spesso da Parlamentare. Venivo per tre
giorni a settimana e a volte, per lavoro mi fermavo anche di più. Quindi è un
rapporto che si è solidificato nel corso degli ultimi 20 anni.
C’è
una zona di Roma a cui sei particolarmente legato?
Tutto
il centro storico, sicuramente. Camminarci è bello in qualsiasi ora del giorno
e della notte. Poi ci vivo, quindi a maggior ragione. La parte che mi interessa
è naturalmente quella, poi ci sono altre zone di Roma in cui si sta bene e che
mi piacciono. Ma la zona con cui ho maggiori contatti e che preferisco perché
mi sento a mio agio è il centro storico.
I
romani ti piacciono?
Il
buono e il cattivo ci sono dappertutto, Gianfranco. Gli esseri umani, dentro di
sé, hanno un lato buono e un lato cattivo. Qualche volte ti capita di avere a
che fare con gente migliore e viceversa. Credo che la cultura degli esseri umani
si trovi così, nel bene e nel male e dappertutto.
Esiste,
secondo te, una Roma da buttare?
Sicuramente,
come tante città italiane che sono nate nella cosiddetta “ricostruzione” e
che hanno ricostruito in peggio la città. Molte zone sono nate abusivamente e
poi condonate per forza di cose. E’ scappata di mano questa ricostruzione che
proprio perché era una ricostruzione poteva essere gestita meglio. Credo che la
colpa sia di chi ha costruito, ma in modo particolare della politica e delle
amministrazioni locali che non hanno saputo controllare passo per passo la
ricostruzione.
Ti
manca qualcosa di Roma quando sei via per lavoro?
Non
mi manca niente, nel senso che poi ritorno e ritrovo la città e quello che ho
lasciato. Sono tendenzialmente portato a muovermi, torno spesso a Milano e vado
in giro molto, chiaramente nel limite del possibile. Certamente ci torno
volentieri a Roma, ma non ho questo tipo di nostalgia, cioè che mi manca questo
o quello. Questo tipo di nostalgia può averlo un romano de Roma, che qui c’è
nato. Diciamo che quando sono fuori città, mi adatto e poi quando torno a Roma
penso:”Casa, dolce casa”.
Ricordi
un momento della tua carriera di calciatore che ti ha dato più gioie?
Ormai,
caro Gianfranco, sono tanti anni che ho smesso di giocare a pallone. Comunque
quel periodo me lo ricordo tutto insieme, tutto in blocco, nel bene e nel male.
Ci sono stati dei momenti molto belli e non sono stati pochi. Diciamo che mi è
piaciuto quel periodo in cui ho potuto giocare, perché è quello in cui mi sono
divertito di più.
Rimpianti?
Nessuno!
Troppo facile sarebbe correggere ciò che non è andato bene (risata).
Ma
i tuoi genitori sognavano un futuro diverso per lei?
No!
Assolutamente no, anche perché ho iniziato a giocare a pallone che ero talmente
giovane che la cosa è stata seguita sin dall’inizio dai miei e quindi è
stata accettata, perché mi vedevano contento e quindi andava bene anche per
loro.
Hanno
mai scritto cose cattive su di te?
Non
ho fatto mai particolarmente caso alle cose negative che scrivevano su di me. Le
cose che mi davano più fastidio erano quelle fatte in libertà, cioè senza
andare ad approfondire i perché. Comunque l’importante era non farci caso più
di tanto. Sai, Gianfranco, le medaglie hanno due facce, quella buona e quella
meno buona e nel mondo della popolarità si presuppone che dall’altra parte ci
sia anche della cattiveria.
Chi
era il tuo idolo da ragazzo?
L’unico
idolo che avevo da ragazzino era Fausto Coppi, il ciclista.
Quando
non lavoro quali sono i tuoi hobby?
Mi
piace giocare a tennis e fare un po’ di attività fisica.
Quali
sono le tue ambizioni?
Non
ho particolari ambizioni. Ho una bella famiglia, sto bene, sono contento. I
figli crescono bene e cerco di organizzare la mia vita e quella di mia moglie in
funzione della loro crescita migliore. Mi ritengo abbastanza fortunato e quindi
va bene così.
Che
rapporto hai con la Fede?
Il rapporto che abbiamo noi cattolici. Siamo vicini e lontano nello stesso
tempo. Io credo, ho un rapporto diretto con la Fede e spero che la chiesa trovi
la strada per convincere la gente a partecipare di più alla vita della chiesa.
Come
vedi il mondo del calcio attuale?
Io
sono completamente fuori da questo mondo adesso, però lo guardo dall’esterno,
non come tifoso, ma da appassionato. Sono dispiaciuto per la deriva che ha preso
negli ultimi anni, l’eccessivo interesse economico rispetto alla passione
sportiva. Il mondo va verso questa strada, purtroppo e l’uomo deve cambiare la
faccia dello sport per renderlo tale. Bisogna fare qualcosa.
Hai
un sogno nel cassetto?
No!
Sono molto realista.
A
chi vorresti dire “grazie”?
A
tutti quelli che mi sono stati intorno e soprattutto ai miei genitori che mi
hanno messo al mondo, a mia moglie e ai miei figli, anche se questa è talmente
fuori discussione che diventa una risposta banale.